Nella stipula dei nuovi contratti si deve tenere conto degli accordi territoriali verificando l’obbligatorietà dell’attestazione in luogo dell’autocertificazione

Di Stefano SPINA

 

Con la riforma operata dalla L. 9 dicembre 1998 n. 431 sono stati introdotti, nell’ambito delle locazioni di immobili ad uso abitativo, in sostituzione di quelli ad ’”equo canone”, i contratti a “canone concordato”.
In estrema sintesi, i proprietari di immobili, in luogo di un canone di locazione a prezzi di mercato, possono affittare l’immobile ad un canone “calmierato” beneficiando di una durata ridotta (anni 3 + 2 in luogo di anni 4 + 4) e di agevolazioni fiscali sia in tema di imposte dirette e registro (riduzione del 30% della base imponibile) che di IMU e TASI (aliquote agevolate nonché, a partire dal 2016, una ulteriore riduzione del 25% delle aliquote stesse).

L’originaria formulazione prevista dal DM 30 dicembre 2002, allineata alla sentenza n. 309 del 25 luglio 1996 della Corte Costituzionale, stabiliva, al comma 14 dell’art. 1, l’assistenza delle organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori come meramente facoltativa nella stipula dei contratti stessi.

La stessa disposizione è stata recepita nel nuovo testo di cui al DM 16 gennaio 2017 ove, al comma 8 dell’art. 1 (e così anche negli articoli successivi per le altre fattispecie contrattuali) si prevede che le parti contrattuali possano (e non debbano), nella definizione del contratto, essere assistite dalle rispettive organizzazioni. Tuttavia, il testo del 2017 prevede che gli accordi territoriali definiti in sede locale individuino, per i contratti non assistiti, le modalità di attestazione, da eseguirsi, sulla base degli elementi oggettivi dichiarati dalle parti, della rispondenza del contenuto economico e normativo del contratto all’accordo stesso. Tale attestazione ha riflesso anche sulle agevolazioni fiscali.

A tal riguardo, gli accordi territoriali stipulati successivamente al DM 16 gennaio 2017 sono stati integrati con questa disposizione. Ad esempio, l’accordo di Torino depositato il 28 dicembre 2017 ed avente decorrenza dal 1 gennaio 2018 prevede l’obbligo, esclusivamente in capo alle parti del contratto, di autocertificare la congruità dei parametri utilizzati alla base del calcolo del canone con la mera possibilità, da parte delle associazioni firmatarie dell’accordo stesso, di attestarne la congruità.

Viceversa, l’accordo del Comune di Genova, anch’esso depositato il 28 dicembre 2017, prevede l’obbligatorietà dell’attestazione, da parte di una associazione, da redigersi secondo un testo definito. Così pure gli accordi del comune di Bologna e di Firenze.
Pertanto, nella stipula dei nuovi contratti, occorrerà porre attenzione anche a tale aspetto verificando l’obbligatorietà o meno dell’attestazione delle organizzazioni in luogo dell’autocertificazione delle parti.

L’attestazione accerta i presupposti per accedere alle agevolazioni fiscali

Sulla questione è stato recentemente interpellato il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il quale, con la risposta n. 1380 del 6 febbraio 2018, interrogato sull’applicabilità delle agevolazioni fiscali a tali contratti, ha affermato che, in assenza di assistenza alla stipula del contratto stesso, risulta obbligatoria l’attestazione di conformità alle norme ed ai parametri contenuti nel patto territoriale. Tale documento, secondo il ministero, attesta la sussistenza di tutti gli elementi utili per accertare sia i contenuti dell’accordo locale che i presupposti per accedere alle agevolazioni fiscali, sia statali che comunali.

L’attestazione può essere rilasciata indifferentemente dall’associazione dei proprietari oppure da quella degli inquilini purché si tratti in ogni caso di soggetto firmatario dell’accordo locale.
La precisazione ministeriale deve essere tuttavia letta nel senso che, ove l’accordo preveda l’autocertificazione da parte delle parti (come per il Comune di Torino) non sarà necessaria alcuna ulteriore dichiarazione in quanto tale procedura è espressamente prevista nell’accordo stesso. Viceversa, il contratto dovrà contenere l’attestazione di conformità rilasciata da almeno una associazione.
A questo punto si pongono due problemi.

Il primo riguarda i contratti sottoscritti nei Comuni i cui accordi territoriali non sono stati adeguati al DM 16 gennaio 2017 (per una verifica degli accordi si può ricorrere al sito www.sunia.it/accordi-territoriali/). In tale situazione, si ritiene che, essendo ancora in vigore il precedente accordo redatto ai sensi del DM 30 dicembre 2002, l’assistenza delle organizzazioni sindacali alla stipula del contratto sia solamente eventuale e, in sua assenza, non occorra alcuna attestazione di conformità.
Il secondo riguarda l’attestazione “postuma” dei requisiti, ovvero successiva alla sottoscrizione del contratto stesso, per la quale, invece, sarà la giurisprudenza a stabilirne la validità.