È esclusa l’ammissibilità del concordato in caso di manifesta inidoneità del piano a soddisfare i crediti nei termini
La Cassazione, con l’ordinanza n. 2729 depositata ieri è tornata a pronunciarsi in tema di controllo sulla fattibilità economica, definendo i poteri del giudice in sede di ammissibilità del concordato preventivo.
Nel caso di specie, una società creditrice chiedeva la dichiarazione di fallimento della società sua debitrice, la quale depositava, a sua volta, proposta di ammissione alla procedura di concordato preventivo sette giorni prima dell’udienza. Il Tribunale dichiarava inammissibile la proposta di concordato preventivo ed emetteva sentenza dichiarativa di fallimento, in quanto la società istante non aveva ottemperato a due richieste del Tribunale stesso. Si trattava di produrre una dichiarazione contenente l’obbligo di una banca ai fini di finanziamento, per la copertura di almeno il 20% delle spese della procedura, e di ridurre il valore di stima degli immobili che erano stati offerti ai creditori, in quanto ritenuta non corrispondente al valore reale.
Proposto reclamo ex art. 18 L. fall. avverso la sentenza dichiarativa del fallimento, la Corte d’Appello la revocava sulla base dell’inammissibilità di entrambe le richieste fatte dal Tribunale, in quanto, per la prima, ai sensi dell’art. 163, comma 2, n. 4 L. fall., l’effettuazione della valutazione sulle spese della procedura risultava limitata alla fase di ammissione al concordato. Per la seconda, la Corte d’Appello riteneva che il Tribunale, con il giudizio espresso, avesse addirittura superato i limiti della sua competenza, oltrepassando quelli della fattibilità economica ed estendendosi ad una valutazione sulla inattendibilità della stima.
Infatti, secondo la Corte d’Appello, così come riportato dalla Cassazione nella ordinanza in commento, l’esecuzione del controllo sulla fattibilità economica del concordato preventivo può avvenire “nei limiti di una assoluta, manifesta inettitudine del piano a soddisfare, sia pure minimamente, i creditori chirografari in un tempo ragionevole”.
Tali argomentazioni non hanno convinto la Cassazione, che, nell’ordinanza n. 2729, ha accolto il ricorso proposto dalla curatela del fallimento della società, cassando la sentenza e rinviandola alla Corte d’Appello per una decisione anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Il principio richiamato dalla Cassazione è quello espresso dalla giurisprudenza di legittimità, dopo la decisione delle Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 1521/2013, intervenute per dirimere la questione – controversa sia nella giurisprudenza di merito che nella giurisprudenza di legittimità – relativa al sindacato del giudice sulla fattibilità del piano concordatario.
In particolare, secondo quanto precisato, fra l’altro, dalla pronuncia della Cassazione n. 9061/2017, il Tribunale, al fine dell’ammissione del debitore al concordato preventivo, deve provvedere ad una verifica diretta del presupposto di fattibilità del piano. Bisogna, però, distinguere i due diversi tipi di controlli sulla fattibilità:
– giuridica, intesa come verifica della non incompatibilità del piano con norme inderogabili;
– economica, intesa come realizzabilità nei fatti del piano medesimo.
Mentre per la prima verifica non vi sono specifici limiti, per la seconda i limiti sono quelli relativi alla sussistenza o meno di una “manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati”, che saranno individuati, rispetto al caso concreto, con riguardo alle modalità indicate dal proponente per superare la crisi.
Nel caso di specie, è la stessa proposta di concordato presentata dalla società istante che indica il ricorso al finanziamento bancario per provvedere, nei termini di legge – fissati nel decreto di apertura della procedura di concordato ex art. 163, comma 2, n. 4 L. fall. – al deposito della somma necessaria e così garantire il pagamento delle spese della procedura.
Pertanto, come precisato dalla Cassazione, ha sbagliato la Corte d’Appello a ritenere inammissibile la richiesta fatta dal Tribunale di munirsi della dichiarazione d’obbligo da parte dell’istituto bancario. Infatti, in considerazione proprio della dichiarazione della società istante, risulta “coerente” con il compito riservato al giudice in merito alla decisione sulla proposta di concordato ex art. 162 L. fall. valutare la fattibilità economica, con conseguente esclusione dell’ammissibilità del concordato qualora il piano sia manifestamente inidoneo a soddisfare, anche se in percentuale ridotta, i crediti nel rispetto dei termini previsti.