Dal 30 gennaio, si passa dalla dichiarazione inesatta alla dichiarazione infedele

Di Alfio CISSELLO e Massimo NEGRO

La dichiarazione infedele, ai sensi dell’art. 1 del DLgs. 471/97, è punita, nella misura base, con una sanzione che va dal 90% al 180% delle imposte.
Tale violazione può concretizzarsi in una serie indefinita di ipotesi: per citare le più comuni, si pensi alla deduzione di costi non inerenti o non documentati, oppure alla mancata dichiarazione di ricavi.

Si può trattare, in sostanza, di ogni violazione comportante evasione che non rientra nelle procedure di liquidazione automatica/controllo formale della dichiarazione, posto che queste sono di diritto sanzionatenella misura del 30%, come prevede l’art. 13 del DLgs. 471/97.
L’Agenzia delle Entrate, sin dalla circolare n. 23 del 1999, ha ammesso una particolare procedura per ravvedere la dichiarazione infedele entro i novanta giorni dal termine, confermata dalla più recente circolare n. 42 del 2016.
Con l’intento di agevolare i contribuenti, in modo a dir poco “salomonico” si equipara la dichiarazione infedele (art. 1 del DLgs. 471/97) sanata nei novanta giorni ad una dichiarazione inesatta (art. 8 del DLgs. 471/97), con sanzione, di conseguenza, di 250 euro nel minimo.

Poi, evidentemente, dal novantunesimo giorno la dichiarazione infedele si riespande e il ravvedimento dovrà avvenire computando il minimo sul 90% delle imposte evase.
Considerato che, ai sensi del DPCM 26 luglio 2017, il termine per la presentazione del modello REDDITI 2017 è stato postergato dal 30 settembre 2017 al 31 ottobre 2017, il termine ultimo per effettuare il ravvedimento con il suddetto regime più favorevole coincide con il 29 gennaio 2018.

Il ravvedimento operoso, non trattandosi di dichiarazione tardiva, non avviene ai sensi della lett. c) dell’art. 13 del DLgs. 472/97 (che prevede la riduzione al decimo), ma ai sensi della lett. a-bis), contemplante la riduzione ad un nono.
Oltre a ciò, bisogna però regolarizzare gli eventuali omessi versamenti delle imposte dovute a saldo della dichiarazione nonché, eventualmente, della prima e della seconda rata di acconto già scaduta delle imposte per l’anno successivo a quello di riferimento della dichiarazione (versando le sanzioni del 30% o del 15% ridotte, a seconda delle ipotesi, a 1/8 o a 1/9).

Occorre dunque pagare imposte e interessi legali: relativamente a questi ultimi, si rammenta che, dallo scorso 1° gennaio, il tasso di interesse è stato innalzato dallo 0,1% allo 0,3% dal DM 13 dicembre 2017.
Sul versante operativo, entro il 29 gennaio occorre quindi:
– presentare la dichiarazione integrativa modello REDDITI 2017;
– versare le sanzioni ridotte, pari a 27,78 euro (250/9);
– sanare gli eventuali tardivi versamenti delle imposte dovute a saldo e in acconto, con sanzione del 30% o del 15% ridotta ai sensi dell’art. 13 comma 1 del DLgs. 472/97 , pagando altresì gli interessi legali.

Sanare anche i tardivi versamenti

Nella circolare del 12 ottobre 2016 n. 42 l’Agenzia delle Entrate fa riferimento alla dichiarazione, e non alla dichiarazione dei redditi, ragion per cui non vi sono motivi ostativi all’applicabilità di ciò alla dichiarazione IVA (naturalmente, per la dichiarazione IVA 2017 i novanta giorni sono ampiamente decorsi, visto che il termine ultimo per la presentazione della medesima coincideva con il 28 febbraio 2017).
Per gli aspetti operativi, si veda l’apposita circolare Eutekne.

Quand’anche il ravvedimento avvenga entro i 90 giorni, rimangono ferme le altre sanzioni da dichiarazione inesatta, che non danno luogo ad infedeltà (circolare n. 42 del 2016).
Si pensi alla mancata indicazione separata delle plusvalenze e dei dividendi ex art. 8 comma 3-ter del DLgs. 471/97, fattispecie che necessita di un autonomo ravvedimento, avente come base di computo il minimo di 1.000 euro (o del 10% del valore a seconda dei casi) e non 250 euro. Lo stesso dicasi per le violazioni relative alla comunicazione delle minusvalenze.