Le norme transitorie della L. 205/2017 salvaguardano sino al 2022 il regime impositivo proprio del periodo di formazione degli utili

Di Gianluca ODETTO

È entrato in vigore dal 1° gennaio 2018 il nuovo regime dei dividendi così come ridisegnato dall’art. 1commi 999 e seguenti della L. 205/2017.
Obiettivo della riforma è quello di uniformare l’imposizione gravante sugli utili di natura qualificata e non qualificata delle persone fisiche non imprenditori, prevedendo anche per i primi la ritenuta a titolo d’imposta nella misura del 26% in luogo della tassazione con le aliquote marginali IRPEF su una base imponibile parziale (40%, 49,72% o 58,14%, a seconda del periodo di formazione degli utili).

L’intervento della L. 205/2017 è stato abbastanza articolato, per cui è necessario individuare le situazioni in cui le nuove norme esplicano efficacia rispetto a quelle in cui continuano ad applicarsi i previgenti regimi impositivi.
Nella prima categoria si situa, come detto, quella delle persone fisiche non imprenditori, per effetto delle modifiche apportate agli artt. 47 comma 1 del TUIR e 27 comma 1 del DPR 600/73. Per fare un semplice esempio, tralasciando per un momento la disciplina transitoria di cui si dirà successivamente, ipotizzando un utile di 10.000 euro, percepito da una persona fisica titolare della quota del 30% in una srl e formatosi negli anni dal 2010 al 2015:
– senza la novità in commento, la base imponibile sarebbe stata pari a 4.972 euro e, ipotizzando la tassazione della persona con l’aliquota marginale IRPEF del 43%, l’imposta sarebbe stata pari a 2.137,96 euro (importo a cui vanno aggiunte le addizionali locali);
– a seguito della riforma, invece, il socio subisce una ritenuta a titolo d’imposta di 2.600 euro (ritenuta che, naturalmente, continua ad applicarsi anche per i dividendi derivanti dal possesso di partecipazioni non qualificate).

Non cambiano, invece, le regole di tassazione per le società di persone (società semplici comprese) e per gli imprenditori individuali, per i quali l’utile continua a concorrere alla formazione del reddito complessivo nel limite del 40%, 49,72% o 58,14% del relativo ammontare, così come per le società di capitali e gli enti commerciali, che assolvono l’IRES sul 5% dell’utile percepito.

Le novità in commento trovano applicazione, a norma dell’art. 1 comma 1005 della L. 205/2017, per i dividendi percepiti dal 1° gennaio 2018. Il successivo comma 1006 prevede, però, un’apposita disciplina transitoria ai sensi della quale, alle distribuzioni di dividendi di natura qualificata deliberate tra il 1° gennaio 2018 e il 31 dicembre 2022 e aventi ad oggetto utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017 continuino ad applicarsi le norme del DM 26 maggio 2017. Obiettivo della disposizione è quello di salvaguardare, nel periodo transitorio di cinque anni che va dal 2018 al 2022 (e potenzialmente anche oltre, valendo a questi fini la data della delibera e non quella di distribuzione), la più favorevole tassazione del socio che deriva dall’adozione delle vecchie regole.

Sotto il profilo formale, il DM 26 maggio 2017 disciplina i soli utili formatisi nel 2017, tassati nel limite del 58,14% del relativo ammontare (menzionando gli utili “ante 2017” ai soli fini delle indicazioni da fornire in dichiarazione). Come si evince dalle Note di lettura del Servizio Studi del Senato, tuttavia, gli utili la cui distribuzione è deliberata dal 2018 al 2022 concorrono parzialmente, “a seconda del periodo in cui sono stati prodotti”, alla formazione del reddito complessivo; la ratio della norma transitoria è, quindi, quella di salvaguardare il più favorevole regime di tassazione anche per gli utili di vecchia formazione, e specialmente quelli ante 2008, imponibili nel limite del 40% del relativo ammontare.

Riprendendo l’esempio precedente, quindi, se la delibera di distribuzione dell’utile di 10.000 euro avviene nel 2018, si applicano comunque le previgenti regole (tassazione con le aliquote IRPEF progressive su una base imponibile limitata); le nuove regole troveranno invece applicazione:
– se lo stesso utile, pur formatosi nelle annualità dal 2010 al 2015, viene distribuito dopo il 2022 (con deliberazione assunta dopo il 2022);
– se l’utile, pur con una distribuzione deliberata nel quinquennio transitorio 2018-2022, si è formato dal 2018 in avanti.

Da ultimo, secondo la formulazione testuale della disciplina transitoria non vi rientrerebbero le distribuzioni di utili effettuate dal 2018 in avanti, ma deliberate sino al 31 dicembre 2017; trattasi di una imperfezione della norma superabile con appositi chiarimenti di segno contrario, essendo evidente la volontà del legislatore di lasciare inalterato il previgente regime impositivo a tutte le delibere assunte non tanto dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2022, ma “sino al 31 dicembre 2022” (così come, del resto, anche in questo caso affermano le Note di lettura del Servizio Studi del Senato, le quali andrebbero così a salvaguardare le deliberazioni pregresse).