Ai Consigli di disciplina il compito di valutare le violazioni e applicare le sanzioni

Di Maurizio MEOLI

Il CNDCEC, con la Nota informativa n. 68, resa pubblica ieri e condivisa con il Consiglio nazionale forense, precisa il contenuto degli obblighi degli Ordini professionali di promuovere e controllare l’osservanza della disciplina antiriciclaggio da parte dei propri iscritti.

Tale obbligo era previsto dall’art. 8 comma 1 del previgente testo del DLgs. 231/2007. In esito alle modifiche apportate dal DLgs. 90/2017, esso è collocato nell’art. 11 comma 1, ai sensi del quale, gli Organismi di autoregolamentazione (ovvero gli enti esponenziali, rappresentativi di una categoria professionale), le loro articolazioni territoriali (gli Ordini) e i Consigli di disciplina, secondo i principi e le modalità previsti dall’ordinamento vigente, promuovono e controllano l’osservanza degli obblighi previsti dal DLgs. 231/2007 da parte dei professionisti iscritti nei propri albi ed elenchi. Ai fini della corretta attuazione di tali obblighi, il Ministero della Giustizia, ai sensi della normativa vigente, espleta le funzioni di controllo sugli Ordini professionali assoggettati alla propria vigilanza.

La funzione di promozione dell’osservanza degli obblighi antiriciclaggio risulta meno problematica. Questa, infatti, può concretizzarsi in attività di sensibilizzazione dei professionisti tese a migliorare la conoscenza della disciplina e le sue finalità tramite iniziative formative e culturali indirizzate agli iscritti. Ciò emerge anche dal testo normativo. Nell’ultima parte del secondo comma del citato art. 11, infatti, è stabilito che gli Organismi di autoregolamentazione e le loro articolazioni territoriali sono altresì responsabili della formazione e dell’aggiornamento dei propri iscritti in materia di politiche e strumenti di prevenzione del riciclaggio e di finanziamento del terrorismo. Sotto questo profilo, quindi, sarebbe bene che i Consigli degli Ordini incrementassero l’offerta formativa in materia nella programmazione della formazione continua obbligatoria.

Qualche incertezza si presenta, invece, per la funzione di controllo dell’osservanza degli obblighi antiriciclaggio da parte dei propri iscritti. Si osserva, infatti, come agli Ordini professionali non siano riconosciuti nuovi specifici poteri ispettivi e/o di acquisizione di informazioni nei confronti dei propri iscritti.

A fronte di ciò, è ritenuto fondamentale il passaggio normativo nel quale si precisa che le attività di promozione e controllo devono essere svolte “secondo i principi e le modalità previsti dall’ordinamento vigente”.
Quanto ai principi rilevano, tra gli altri, l’art. 23 Cost., ai sensi del quale nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge, e l’art. 15 della Carta dei diritti fondamentali della Ue, che tutela il diritto di libertà professionale.

Quanto alle modalità, invece, non può che pensarsi a quelle ordinarie con le quali gli Ordini assicurano il corretto esercizio della professione a tutela dell’affidamento della collettività (cfr. Corte Cost. n. 405/2005), ovvero vigilando sull’osservanza della legge professionale e di tutte le altre norme che disciplinano la professione da parte degli iscritti. In altre parole, sottolinea il CNDCEC, ci si trova in presenza di una specificazione dell’obbligo degli Ordini di procedere alla generale funzione di vigilanza (disciplinare) sugli iscritti, senza nuovi peculiari poteri ispettivi e/o di indagine.

I Consigli di disciplina, quindi, devono valutare eventuali violazioni della normativa antiriciclaggio ed applicare le relative sanzioni. Ed a tal riguardo occorre ricordare come l’art. 11 comma 3 stabilisca che gli Organismi di autoregolamentazione, attraverso propri organi all’uopo predisposti, applicano sanzioni disciplinari a fronte di violazioni gravi, ripetute o sistematiche ovvero plurime degli obblighi cui i propri iscritti sono assoggettati ai sensi del DLgs. 231/2007 e delle relative disposizioni tecniche di attuazione e comunicano annualmente al Ministero dell’Economia e delle finanze e al Ministero della Giustizia i dati attinenti al numero dei procedimenti disciplinari avviati o conclusi dagli Ordini territoriali. Nell’art. 66, inoltre, è precisato che, in tali ipotesi, l’interdizione dallo svolgimento della funzione, dell’attività o dell’incarico, deve essere compresa tra due mesi e cinque anni.

Tutto ciò appare supportato da un’ulteriore considerazione: nel vigore del precedente testo del DLgs. 231/2007, che riportava identiche indicazioni in materia di promozione e controllo, la prassi che si era consolidata era stata proprio quella di ritenere i poteri di controllo dell’osservanza degli obblighi antiriciclaggio una specificazione della generale potestà di vigilanza disciplinare e tale soluzione non è mai stata contestata a livello ministeriale.

Infine, dal momento che, ex art. 5 comma 7 del DLgs. 231/2007, gli Organismi di autoregolamentazione devono inviare al Comitato di sicurezza finanziaria, entro il 30 marzo di ogni anno, i dati statistici e le informazioni sulle attività svolte, nell’anno solare precedente, nell’ambito delle funzioni di vigilanza, supervisione e controllo, gli Ordini territoriali dovranno trasmettere al CNDCEC le informazioni da questo richieste in tempo utile per effettuare tale comunicazione.