Spesso sembra più prudente presentare comunque la domanda di riammissione

Di Alfio CISSELLO

Entro il 31 dicembre 2017, i debitori che hanno ricevuto un diniego di rottamazione dei ruoli, basato sul mancato pagamento di rate scadute allo scorso 31 dicembre, possono essere riammessi alla rottamazione se presentano l’apposita domanda.
Tuttavia, il diniego, il cui termine ultimo per la notifica scadeva il 15 giugno, era un atto impugnabile sotto pena di decadenza e i debitori, non potendo di certo prevedere il futuro, lo hanno magari impugnato.

In assenza di una disciplina espressa, che manca del tutto, appare quasi impossibile fornire puntuali indicazioni sul raccordo tra la procedura di riammissione e il contenzioso in corso.
Due tipologie di debitori, a nostro avviso, hanno “vita facile”: coloro i quali hanno fatto ricorso non avendo pagato nulla dopo il diniego di rottamazione e coloro i quali hanno già pagato tutto (ipotesi, quest’ultima, residuale).

I primi possono valutare la rinuncia al ricorso previa accettazione della compensazione delle spese con la controparte, in modo da poter presentare la domanda e accedere così alla riammissione. In generale, l’effetto di una eventuale sentenza definitiva del giudice di segno favorevole non sarà molto diverso dalla riammissione, dunque può essere opportuno evitare i costi e i tempi del processo.
Prima della rinuncia, sarebbe però proficuo attendere la liquidazione delle somme (il 31 marzo ci sarà la liquidazione delle rate pregresse da pagare, mentre il 31 luglio degli importi da rottamazione), quindi la strategia, anche in vista di una futura rinuncia, potrebbe essere la richiesta di rinvio dell’udienza.

Chi invece avesse già pagato tutto il debito, se non viene modificato l’art. 6 del DL 193/2016 o non sopraggiungono chiarimenti ufficiali, non ha interesse alla domanda di riammissione, che non dà mai luogo alla restituzione di somme. Bisogna quindi continuare nel contenzioso, chiedendo la restituzione della quota di sanzioni e interessi di mora, naturale conseguenza del diritto alla rottamazione, se detto diritto verrà sancito dal giudice.

Invece, la situazione è assai difficile da gestire per i debitori che, ad esempio per paura dell’attivazione o della ripresa delle azioni esecutive o cautelari, hanno pagato le rate pregresse dopo il diniego.
Fermo restando che ogni situazione va contestualizzata, la strategia migliore sembra quella di presentare comunque la domanda di riammissione e, nel contempo, di chiedere il rinvio dell’udienza. Il da farsi potrà essere deciso quando ci sarà la liquidazione delle somme ad opera di Agenzia delle Entrate-Riscossione.

La rinuncia non vale per il processo contro il diniego

Questa pare l’unica soluzione fattibile, in quanto in tal modo rimangono in piedi sia il contenzioso sia la procedura amministrativa.
L’unico problema rimane l’impegno alla rinuncia ai giudizi che bisogna esercitare in sede di modello, da presentare entro fine anno.

A nostro avviso, non dovrebbero esserci dubbi sul fatto che la rinuncia riguardi i processi sui soli carichi oggetto del diniego (quindi sul ruolo, sull’accertamento esecutivo o sull’avviso di addebito) e non sul diniego. Chi ha fatto ricorso contro il diniego, infatti, non ha contestato il carico (né avrebbe potuto farlo), bensì unicamente la legittimità del diniego.
Ma tale soluzione potrebbe non essere condivisa da Agenzia delle Entrate-Riscossione o dal giudice, quindi ci sarà pur sempre un minimo di rischio, a prescindere dalla strategia che si intenderà adottare.