I metodi finanziari, invece, sono da adottare quando si devono determinare i flussi di risultato finanziari
I Principi italiani di valutazione (PIV) dedicano alle valutazioni reddituali d’azienda due principi, con commenti molto estesi.
Si tratta di criteri basati sulla capitalizzazione del reddito netto distribuibile (nell’approccio equity side, normalmente utilizzato) o del risultato operativo disponibile al netto delle imposte (asset side). La capitalizzazione è effettuata ad un tasso espressivo del costo-opportunità dei mezzi propri (equity side) o del costo medio ponderato del capitale (asset side).
Per il principio III.1.32 è preferibile ricorrere a stime di tipo reddituale nelle situazioni aziendali stabilizzate (c.d. steady state), mentre si dovranno adottare i metodi finanziari quando l’azienda è caratterizzata da fattori evolutivi che impongono di determinare in via analitica i flussi di risultato futuri.
Per aziende in condizioni steady state la formula reddituale tipica è quella della rendita perpetua, con al numeratore il reddito netto di lungo periodo (equity side) e al denominatore il costo dei mezzi propri. In presenza di inflazione può essere necessario ridurre il numeratore del reddito da reinvestire in eccesso rispetto agli ammortamenti calcolati sui valori storici per mantenere la capacità di reddito aziendale. Viceversa, in assenza di inflazione il reddito distribuibile tende al reddito netto di bilancio solo se gli ammortamenti sono in linea con gli investimenti ed il capitale circolante netto è stabile.
In questi contesti valutativi il reddito aziendale sostenibile nel lungo periodo è spesso stimato normalizzando i risultati storici recenti, con l’introduzione di aggiustamenti per considerare nuove prospettive di gestione aziendale. I flussi di reddito distribuibili, inoltre, non si discostano molto dai flussi monetari disponibili: l’applicazione dei metodi reddituali non trova quindi alcun limite.
In presenza di attese di crescita costanti i PIV ricordano che il reddito atteso da assumere, netto od operativo, deve essere distribuibile in coerenza con le condizioni di sviluppo adottate. A tal fine, è necessario verificare il tasso di investimento (investment rate o IR), che nell’approccio equity side è dato dal rapporto tra tasso di crescita ed il rendimento atteso di lungo periodo dei mezzi propri (ROE) mentre nell’approccio asset side corrisponde al rendimento atteso di lungo periodo del capitale operativo (ROIC).
L’orizzonte temporale delle valutazioni reddituali è tipicamente illimitato, salvo aziende in condizioni non stabilizzate o che operano in settori ad elevata variabilità: in tal caso è consigliabile adottare un arco temporale definito di stima.
I PIV ricordano che in particolari circostanze, ad esempio la presenza di un periodo di lancio di un nuovo prodotto o di un progetto di ristrutturazione aziendale, il valore risultante dal reddito a regime può essere stimato aggiungendo o sottraendo il valore attuale dei temporanei sovraredditi o delle momentanee carenze di reddito.
In situazioni strutturalmente non stabilizzate, con una significativa differenza tra redditi distribuibili e flussi monetari determinata dalla contrazione o espansione degli investimenti in capitale fisso e circolante, è invece consigliato fare ricorso ai metodi finanziari, che tengono meglio conto di tali dinamiche. Sarà naturalmente necessario avere molta cura nella stima del flusso di cassa per il valore terminale.
Il commento al principio III.1.31 termina con un esempio di valutazione di un’azienda che possiede delle partecipazioni. Se le partecipazioni sono di controllo l’esperto dovrà indagare l’esistenza di interconnessioni economiche significative tra la holding e le partecipate. Se presenti dovrà ricorrere ad una valutazione reddituale su basi consolidate, con l’adozione della prospettiva del gruppo di imprese; viceversa dovrà effettuare una stima separata delle partecipazioni con criteri reddituali, adottando la prospettiva della holding. Le partecipazioni non di controllo andranno invece valutate come entità separate con un approccio asset side, che le esclude dalla valorizzazione reddituale della società che le possiede.