Dal 19 novembre in vigore le nuove sanzioni pecuniarie introdotte dalla legge di modifica del Codice antimafia
Le modifiche al c.d. Codice antimafia – DLgs. 159/2011 – interessano anche la disciplina dedicata alla responsabilità degli enti derivante da reato.
La L. 161/2017 – pubblicata sulla G.U. del 4 novembre 2017 n. 258 – introduce, tra l’altro, alcune ipotesi ulteriori di responsabilità delle persone giuridiche in seno all’articolo 25-duodecies del DLgs. 231/2001. Tale norma era stata inserita dal DLgs. 109/2012 per contrastare l’impiego di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.
A partire dal prossimo 19 novembre – data di entrata in vigore dell’art. 30 comma 4 della L. 161/2017 – all’unico comma di questo articolo saranno aggiunti tre ulteriori commi (1-bis, 1-ter e 1-quater), volti a sanzionare alcune condotte di immigrazione clandestina.
In particolare, viene prevista una sanzione pecuniaria da 400 a 1.000 quote per gli enti, nel cui interesse o vantaggio venga promosso, diretto, organizzato, finanziato o effettuato il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compiuti altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato italiano o di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente (art. 12 commi, 3, 3-bis e 3-ter del DLgs. 286/1998).
La responsabilità penale dell’ente, così come quella della persona fisica, sorge, tuttavia, solo laddove si verifichi, alternativamente, uno degli ulteriori presupposti di gravitàprevisti dall’art. 12 comma 3 del DLgs. 286/1998: il fatto riguarda l’ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone; la persona trasportata è stata esposta a pericolo per la sua vita o per la sua incolumità per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale; la persona trasportata è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale; il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti; gli autori del fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti.
La sanzione pecuniaria per l’ente sarà, invece, compresa tra 100 e 200 quote, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, se viene favorita la permanenza di clandestini nel territorio dello Stato, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero o nell’ambito delle attività sopra descritte (art. 12 comma 5 del DLgs. 286/1998).
In entrambi casi è prevista anche l’applicazione delle sanzioni interdittive elencate dall’art. 9 comma 2 del DLgs. 231/2001 per una durata non inferiore a un anno. Si tratta: dell’interdizione dall’esercizio dell’attività; della sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; del divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; dell’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e dell’eventuale revoca di quelli già concessi; del divieto di pubblicizzare beni o servizi.
Va ricordato, comunque, che la responsabilità dell’ente – come per tutti i reati elencati dal DLgs. 231/2001 – “scatta” laddove una persona fisica (soggetto “apicale” o “sottoposto” secondo quanto stabilito dall’art. 5 del decreto “231”) abbia agito nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso e quest’ultimo non dimostri di aver adottato ed efficacemente attuato un modello organizzativo idoneo a prevenire i reati della specie di quello verificatosi.
Sarà, dunque, necessario “mappare” i possibili rischi di commissione di tali fatti, che ovviamente riguarderanno soprattutto gli enti che in qualche modo operano nel settore dei trasporti o dell’accoglienza e adottare o aggiornare il modello organizzativo e le misure/procedure di prevenzione e controllo ad esso correlate. Contestualmente, l’Organismo di vigilanza nominato ai sensi del DLgs. 231/2001, ove già esistente, sarà chiamato a valutare la necessità o l’opportunità di un aggiornamento del modello in essere alla luce dell’introduzione dei nuovi reati-presupposto.
Va, inoltre, evidenziato un ruolo più generale del modello organizzativo che si colloca nella prospettiva della “prevenzione mediante organizzazione” che il legislatore sta perseguendo sia a livello nazionale che internazionale. Il nuovo art. 34-bis del Codice antimafia prevede, nell’ambito del controllo giudiziario delle aziende, che il tribunale, nello stabilire i compiti dell’amministratore giudiziario finalizzati alle attività di controllo, possa imporre, tra gli altri, l’obbligo “di adottare ed efficacemente attuare misure organizzative” ai sensi degli articoli 6, 7 e 24-ter del DLgs. 231/2001, cioè con specifico riferimento al contrasto ai delitti connessi alla criminalità organizzata.