Il Ddl. di bilancio 2018 potrebbe comportare la regolarizzazione degli acconti IRPEF dei soci o dell’imprenditore determinati con il metodo previsionale
Inizia oggi il suo iter al Senato, con le comunicazioni in aula del Presidente Pietro Grasso, il Ddl. di bilancio 2018 (si veda la Scheda “Principali novità del Ddl. di bilancio 2018”). Tra le novità che hanno suscitato la preoccupazione degli operatori vi è la proroga del regime IRI al 2018. Tale rinvio potrebbe creare notevoli difficoltà ai contribuenti che, nella prospettiva di aderire all’opzione di cui all’art. 55-bis del TUIR, non hanno versato gli acconti d’imposta, o lo hanno fatto in misura minore.
In primo luogo, l’art. 55-bis del TUIR non regola gli obblighi di determinazione e di versamento degli acconti, tanto per la società quanto per i soci (o per l’imprenditore individuale), per i quali occorre, quindi, applicare la disciplina ordinaria.
Il rinvio della flat tax non dovrebbe, comunque, produrre criticità per le società di persone che intendono optare per la tassazione al 24% poiché l’adesione al regime in esame non comporta, di per sé, l’obbligo di versare alcun acconto IRI data l’assenza di una base storica di riferimento. Per tali società, resta quindi fermo l’obbligo di versare gli acconti IRAP 2017, i quali devono essere effettuati secondo le modalità e nei termini previsti per le imposte sui redditi (cfr. artt. 30 comma 3 del DLgs. 446/97 e 17 del DPR 435/2001).
Dal punto di vista dei soci, posto che l’opzione IRI non comporta il venir meno dei relativi obblighi di versare gli acconti IRPEF secondo le regole ordinarie (si veda “Opzione IRI con calcolo dell’acconto IRPEF dei soci con metodo previsionale” del 24 giugno 2017), il rinvio, al 2018, della tassazione al 24% non dovrebbe determinare problemi per i contribuenti che hanno calcolato e versato gli acconti IRPEF con il metodo storico.
Al contrario, per i soci (o per l’imprenditore individuale) che, essendo titolari di reddito di partecipazione (o di reddito di impresa), non hanno corrisposto gli acconti IRPEF, o lo hanno fatto in misura inferiore al dovuto, nella prospettiva di non prelevare utili nel 2017 (e, dunque, di mantenere questi ultimi nell’impresa, assoggettandoli integralmente ad IRI) il suddetto rinvio potrebbe, invece, determinare l’omesso versamento, in tutto o in parte, degli acconti IRPEF 2017.
Per tale condotta è, peraltro, prevista la sanzione del 30% per ogni importo non versato, dimezzata al 15% per i versamenti con ritardi non superiori a 90 giorni (art. 13 comma 1 del DLgs. 471/97).
Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate (circ. n. 27/2013, § 2) ritiene, tuttavia, che laddove il contribuente non abbia corrisposto alcun acconto entro il termine “lungo” di versamento con la maggiorazione dello 0,4%, prorogata allo scorso 21 agosto (il 20 cadeva di domenica) rispetto al 31 luglio dal DPCM 3 agosto 2017, il termine cui fare riferimento, ai fini del ravvedimento, è la data naturale di scadenza, ossia il 30 giugno, posticipato al 20 luglio dal citato DPCM.
I contribuenti che, nell’ottica di reinvestire gli utili nella società, non hanno pagato il primo acconto IRPEF, possono quindi regolarizzare la propria posizione, versando, entro il 30 novembre 2017, oltre a tale importo (determinato con le regole ordinarie), anche la sanzione del 30% sulle somme omesse, ridotta al 3,75% (1/8) per effetto del ravvedimento operoso, ed i corrispondenti interessi legali. In tale sede, occorre, altresì, versare il secondo acconto IRPEF 2017.
Per i soggetti che, in via prudenziale, hanno comunque corrisposto il primo acconto IRPEF ma in misura inferiore all’imposta dovuta, maggiorando dette somme dello 0,4% per beneficiare della suddetta proroga dei versamenti, sarebbe, invece, più conveniente regolarizzare la propria condotta prima del temine di versamento del secondo acconto IRPEF 2017: fermi restando gli obblighi di integrare l’importo ancora dovuto per il primo acconto IRPEF e di pagare gli interessi legali, sarebbe, infatti, possibile, entro il 20 novembre 2017 (il 19 cade di domenica), applicare la sanzione del 15% sull’importo omesso, dal momento che fino a tale termine il versamento è effettuato con un ritardo non superiore a 90 giorni, ridotta a 1,67% (1/9) con il ravvedimento operoso.
Fatte salve le eventuali clausole di salvaguardia che potranno essere previste durante l’iter di approvazione della legge di bilancio 2018 al fine di escludere conseguenze sanzionatorie per i contribuenti, sarebbe, in ogni caso, possibile sostenere la non applicazione delle sanzioni in relazione ai soggetti che, nell’ottica di aderire all’IRI, hanno omesso, o corrisposto in misura insufficiente, gli acconti IRPEF 2017.
Tali violazioni sono state, infatti, determinate a seguito di una modifica normativa che ha posticipato (con effetto retroattivo) la decorrenza dell’opzione IRI al 2018, condizione in relazione alla quale l’Agenzia delle Entrate ha già escluso in precedenza ogni conseguenza sanzionatoria (ris. n. 176/2003), e, più in generale, poiché le stesse non potrebbero essere, in nessun modo, attribuite ad una condotta cosciente e volontaria, dolosa o colposa, dei medesimi (art. 5 comma 1 del DLgs. 472/97).