La riduzione di un terzo può essere applicata per sanare la stessa violazione commessa negli anni successivi

Di Massimo NEGRO

Le “circostanze attenuanti” previste dall’art. 1, comma 4, del DLgs. 471/97 possono essere applicate autonomamente dal contribuente in sede di ravvedimento operoso, qualora voglia regolarizzare la stessa violazione commessa in annualità successive, rispetto alla violazione già contestata dall’Amministrazione finanziaria. È questo l’importante chiarimento fornito dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 131, emanata ieri 23 ottobre.

Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate aveva rilevato la non corretta deduzione, negli anni d’imposta dal 2012 al 2015, degli accantonamenti relativi alle spese di cui all’art. 107, comma 2 del TUIR, riguardanti la gestione di tratte autostradali, qualificandola come errore legato all’imputazione temporale di elementi negativi di reddito.
In relazione all’anno 2012, la rilevazione della violazione ha comportato l’emissione di un avviso di accertamento con il quale è stata comminata la sanzione per infedele dichiarazione, ridotta di un terzo ai sensi dell’art. 1, comma 4, del DLgs. 471/97.

A seguito delle modifiche apportate dal DLgs. 158/2015, con tale disposizione sono state infatti introdotte, nell’ambito della disciplina dell’infedele dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi, due “circostanze attenuanti” che si applicano solo qualora il contribuente non abbia posto in essere condotte fraudolente.
In particolare, è disposta la riduzione di un terzo della sanzione base (prevista dal 90% al 180%) se, alternativamente:
– la maggiore imposta o il minore credito accertati siano complessivamente inferiori al 3% dell’imposta e del credito dichiarati e comunque complessivamente inferiori a 30.000 euro;
– l’infedeltà sia conseguenza di un errore sull’imputazione temporale di elementi positivi o negativi di reddito, purché il componente positivo abbia già concorso alla determinazione del reddito nell’annualità in cui interviene l’attività di accertamento o in una precedente.

Per beneficiare di quest’ultima riduzione, specifica ai fini delle imposte sui redditi, viene chiarito che:
– è necessario che il componente positivo sia stato già erroneamente imputato e, quindi, abbia concorso alla determinazione del reddito, nell’annualità in cui interviene l’attività di accertamento o in una precedente;
– con riferimento al componente negativo, invece, è necessario che lo stesso non sia stato dedotto più volte.
Poiché nel caso di specie l’errore si è protratto anche nei periodi d’imposta 2013, 2014 e 2015, per i quali non è ancora stato emesso avviso di accertamento, la società aveva manifestato la volontà di regolarizzare la violazione mediante il ravvedimento operoso, facendo riferimento alla suddetta sanzione ridotta.

L’Ufficio deve escludere condotte fraudolente

Al riguardo, l’Ufficio Controlli fiscali e l’Ufficio Consulenza della competente Direzione regionale hanno concordemente ritenuto che, sulla base del tenore letterale della disposizione, la circostanza attenuante di cui all’art. 1, comma 4 del DLgs. 471/97 non sia applicabile spontaneamente da parte del contribuente, stante il riferimento alla maggiore imposta o al minore credito “accertati”. In particolare, i suddetti Uffici hanno rilevato come la circostanza in esame sia applicabile alle sole ipotesi di infedeltà caratterizzate da una condotta del contribuente non insidiosa per l’Amministrazione finanziaria nonché dall’assenza di frode, la cui ricorrenza deve necessariamente essere valutata dall’organo accertatore.

La Direzione centrale normativa dell’Agenzia delle Entrate aderisce a tale impostazione, confermando che solo l’Ufficio può effettuare un’analisi ponderata di tutte le irregolarità riscontrate al fine di verificare l’esiguità dell’evasione e la scarsa insidiosità della condotta posta in essere.

La medesima cautela, tuttavia, non sussiste nel caso in questione in quanto l’errore, già rilevato in un’annualità dall’Ufficio, è stato reiterato anche nei periodi d’imposta successivi. In tal caso, infatti, il contribuente non sarebbe neppure chiamato ad inquadrare la violazione commessa nella tipologia “errata imputazione temporale” dal momento che la stessa è già stata qualificata in tal senso dall’organo accertatore.
È quindi possibile regolarizzare la violazione, già contestata dall’Amministrazione finanziaria relativamente al periodo d’imposta 2012, in relazione ai periodi d’imposta successivi (2013, 2014 e 2015), applicando il ravvedimento sulla sanzione, nella misura ridotta, di cui al citato art. 1, comma 4 del DLgs. 471/97.