La Commissione europea ha presentato ieri la proposta di riforma del tributo attuabile dal 2022

Di Simonetta LA GRUTTA

Nella giornata di ieri, 4 ottobre 2017, la Commissione UE, con la comunicazione COM (2017) 566 final, ha proposto i principi e le riforme su cui fondare la modernizzazione del sistema comune IVA, perché possa rispondere alle esigenze di globalizzazione, divenute ancora più pressanti negli ultimi anni con la diffusione e lo sviluppo dell’economia digitale e mobile.

Il nuovo sistema costituisce al contempo la nuova strategia di lotta all’evasione e alle frodi fiscali, fenomeni che erodono significativamente le risorse erariali degli Stati membri e, mediante il riciclaggio del denaro, forniscono ingenti capitali alla criminalità organizzata e alle strutture terroristiche.

L’attuale sistema di scambi di beni tra Paesi appartenenti all’Unione, entrato in vigore più di due decenni fa quale sistema transitorio, si fonda sul “principio di destinazione”, in base al quale l’operazione è detassata (“non imponibile” nel lessico interno) nello Stato membro dal quale partono i beni e soggetta ad IVA nello Stato membro cui sono destinati.

Proprio il regime di non imponibilità applicato nel Paese di origine ha determinato la fragilità del sistema, consentendo il proliferare delle frodi carosello e dell’associato fenomeno denominato “missing trader”.
La riforma IVA proposta ieri è tesa a creare un sistema più robusto, semplice e resiliente alle frodi, basato su una più stretta cooperazione tra le Amministrazioni fiscali dei paesi della Ue, che permetta, tra l’altro, agli operatori economici unionali di competere adeguatamente nel mercato globale.

In risposta alle fragilità dell’attuale sistema, si prevede un sistema basato sulla tassazione all’origine, con applicazione dell’imposta secondo le norme vigenti nello Stato membro di destinazione.
Quanto alle semplificazioni in termini di adempimenti amministrativi, gli operatori economici che svolgono la loro attività all’interno della Ue potranno gestire gli obblighi IVA nello Stato membro di residenza mediante un portale web on line, in applicazione del cosiddetto “One Stop Shop”.

Si introduce, inoltre, anche ai fini IVA, il concetto di “soggetto passivo certificato”, già esistente ai fini doganali e noto come “AEO”. Al fine di ottenere tale certificazione, gli operatori economici dovranno rivolgersi alle Amministrazioni fiscali dello stato membro di stabilimento o residenza, dimostrando di integrare i necessari requisiti di affidabilità basati, tra l’altro sulla regolarità dei pagamenti, l’affidabilità dei sistemi di controllo interni, l’acclarata solvibilità.

I benefici della certificazione, valevole non solo nello Stato membro che l’ha rilasciata, ma in tutta l’Unione Europea, consistono in una serie di semplificazioni di cui si gioveranno non solo i soggetti passivi che l’hanno ottenuta, ma anche le loro controparti.

Misure ad hoc per i soggetti passivi certificati

La Commissione, nella proposta diffusa ieri affianca ai principi sopra esposti, alcune ulteriori misure destinate ai soggetti passivi certificati, quali:
– l’introduzione di semplificazioni per le società che possiedono uno stock di beni in un altro Stato membro ai soli fini della vendita direttamente ad acquirenti in detto stato membro;
– l’introduzione di semplificazioni per le cd cessioni a catena cui è associata un’unica movimentazione di beni dal primo cedente all’ultimo cessionario
– la definizione di regole uniformi, armonizzate e semplificate per fornire prova che i beni mobili sono stati trasportati da un Paese all’altro della Ue.

La proposta passerà adesso al vaglio del Parlamento Ue a fini consultivi e, in ultimo, dovrà essere approvata all’unanimità dal Consiglio Ue.
Si prevede, inoltre, l’emanazione di una ulteriore proposta di direttiva entro il 2018 a sostegno dell’implementazione dei principi sopra richiamati, come pure di rilevanti cambiamenti in tema, tra l’altro, di cooperazione amministrativa tra gli Stati membri.
Il regime definitivo dovrebbe entrare in vigore nel 2022.