A tali fini rilevano l’esercizio in via esclusiva di attività professionale e la composizione se di «modesta articolazione»

Di Roberta VITALE

La disciplina sulla società tra professionisti (STP) è contenuta nella L. 183/2011, all’art. 10commi 3-8, e nel relativo decreto di attuazione di cui al DM 34/2013.
La normativa regola, in particolare, la fase costitutiva, il conferimento e l’esecuzione dell’incarico professionale, la partecipazione alla società tra professionisti e il regime disciplinare della società. Disposizioni specifiche, poi, sono rivolte all’iscrizione della società tra professionisti nella sezione speciale del Registro delle imprese istituita per le società tra avvocati (ex art. 16, comma 2 secondo periodo del DLgs. 96/2001, espressamente destinata alle società tra professionisti) e in una sezione speciale degli albi o dei registri tenuti presso l’Ordine o il Collegio professionale di appartenenza dei soci professionisti.

Premesso quanto sopra, nulla viene previsto per l’assoggettamento della società tra professionisti al fallimento di cui al RD 267/42.
Nella giurisprudenza, si segnala a favore dell’esclusione dal fallimento la decisione del Tribunale di Forlì, nel decreto 25 maggio 2017, che ha rigettato il ricorso per la dichiarazione di fallimento presentato da due ex dipendenti nei confronti di una STP costituita ai sensi della L. 183/2011 in forma di srl composta da 4 soci: un socio professionista con una partecipazione del 70% (dottore commercialista iscritto al relativo albo professionale) e 3 soci, con una partecipazione del 10% ciascuno, che svolgevano prestazioni tecniche.
Sostenevano, in particolare, gli istanti che la STP era stata posta in liquidazione per l’impossibilità, in seguito al decesso del socio professionista, di ricostituire nel termine di 6 mesi la prevalenza di tale categoria di soci (art. 10, comma 4, lett. b) della L. 183/2011) e aveva cessato qualsiasi attività. Sulla stessa gravava una “pesante situazione debitoria” già solo verso i dipendenti, con conseguente sussistenza dello stato di insolvenza.

Il Tribunale, quindi, ai fini della decisione, esamina i requisiti di fallibilità posti dall’art. 1 del RD 267/42 e, cioè:
– esercizio da parte di un imprenditore di un’attività commerciale (comma 1) e
– superamento delle soglie di fallibilità (comma 2).
Secondo il Tribunale, nel caso di specie, viene a mancare proprio il primo dei due requisiti consistente nella qualità di imprenditore e nell’esercizio di un’attività commerciale. Infatti, in base alla documentazione di causa, la società per la quale era stato chiesto il fallimento era una STP che, per statuto, svolgeva in via esclusiva attività professionale di dottore commercialista con iscrizione nella sezione speciale del relativo albo professionale (dato questo confermato anche dalle fatture prodotte).

Inoltre, a pesare nella valutazione del giudice, sembra vi sia un ulteriore elemento: la composizione della STP. Nel caso de quo, la STP era formata solo da 4 soci e 5 dipendenti; composizione che rivelava, dunque, una “modesta articolazione dello studio”.
Impossibile, poi, sostenere – come eccepito dagli istanti – che si potesse far riferimento ad un’ipotesi di trasformazione della STP come società ordinaria, a seguito della cancellazione dall’albo professionale, in quanto la società aveva cessato qualsiasi attività.

Il giudice, a supporto della sua tesi, compie un’ulteriore osservazione. L’art. 5 della L. 247/2012, recante la delega al Governo per l’emanazione della disciplina sulla società tra avvocati – oggi abrogato dall’art. 1, comma 141 della L. 124/2017, recante la “Legge annuale per il mercato e la concorrenza” (che ha, a sua volta, introdotto una regolamentazione compiuta nel nuovo art. 4-bis della L. 247/2012) – escludeva l’assoggettabilità al fallimento di tali società in considerazione del fatto che “l’esercizio della professione forense in forma societaria non costituisce attività d’impresa”.
Secondo il Tribunale di Forlì, nella pronuncia in commento, tale principio “mutatis mutandis, può essere certamente applicato anche alle società tra professionisti organizzati in ordini”.

Allora, sono escluse dal fallimento le STP costituite per l’esercizio di attività professionale, sempre che abbiano svolto in maniera esclusiva tale attività, in quanto, in presenza delle suddette condizioni, non è possibile l’assimilazione alle altre società commerciali mancando la qualità di imprenditore e l’esercizio di un’attività di carattere commerciale.

Anche il CNDCEC a favore dell’esclusione dalle procedure concorsuali

A favore dell’esclusione delle STP dalle procedure concorsuali si è espresso anche il CNDCEC, in considerazione del fatto che le stesse sono volte all’esercizio di un’attività strettamente professionale. Per tale motivo, poi, secondo il CNDCEC, “andrebbe positivamente valutata la possibilità che le società tra professionisti accedano agli istituti declinati nella legge n. 3/2012”, contenente la disciplina relativa alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (cfr. “Linee guida sulla crisi da sovraindebitamento”, luglio 2015).