Tra le quotate FTSE MIB destinatarie degli obblighi vi sono alcune società non residenti in Italia

Di Emanuele GRECO e Simonetta LA GRUTTA

Con le modifiche apportate dal DL 50/2017, a decorrere dalle fatture emesse dal 1° luglio 2017, rientrano nella disciplina dello split payment ex art. 17-ter del DPR 633/72, tra le altre, le cessioni di beni e prestazioni di servizi nei confronti delle società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa Italiana.

Il DM 27 giugno 2017 (modificando il DM 23 gennaio 2015) ha previsto che, in sede di prima applicazione del novellato art. 17-ter del DPR 633/72, per le operazioni per le quali è emessa fattura dal 1° luglio 2017 fino al 31 dicembre 2017, la disciplina dello split payment debba applicarsi alle società incluse nell’indice FTSE MIB che risultano tali il giorno 24 aprile 2017 (data di entrata in vigore del DL 50/2017).

Di conseguenza, sul sito del Dipartimento delle Finanze del MEF è stato pubblicato l’indice delle 40 società interessate, al quale i fornitori devono fare riferimento.
Dalla lettura dell’elenco che riguarda le società quotate nell’indice FTSE MIB, appare evidente che non tutti i soggetti indicati abbiano quale ragione sociale quella di una società italiana.

Figurano nell’elenco anche 6 società di diritto estero, pur quotate presso la Borsa Italiana.
Per tali soggetti, le disposizioni in materia di split payment di cui all’art. 17-ter del DPR 633/72 dovrebbero rilevare in relazione ai soli acquisti (di beni e servizi) soggetti ad IVA in Italia (ma non ad inversione contabile), effettuati con il concreto intervento della stabile organizzazione laddove presente.

Si richiama che, ai sensi dell’art. 11 comma 1 del Regolamento Ue n. 282/2011, la stabile organizzazione designa qualsiasi organizzazione (diversa dalla casa madre) caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza ed una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici, atti a consentirle di ricevere e utilizzare i servizi che le sono forniti per le esigenze proprie dell’organizzazione stessa.

Seppure l’art. 11 del Regolamento n. 282/2011 stabilisca la riportata definizione ai fini della determinazione del luogo di effettuazione dei servizi generici di cui all’art. 44 della direttiva IVA, i principi enunciati valgono anche ai fini delle altre tipologie di servizi, oltre che per le cessioni di beni.
Alla luce di quanto finora esposto, le cessioni di beni territorialmente rilevanti in Italia (art. 7-bis del DPR 633/72) sono soggette al meccanismo dello split payment nel caso in cui l’acquisto sia posto in essere dalla stabile organizzazione e non direttamente dalla casa madre estera.

Il fatto che, ai fini del recupero dell’imposta, quest’ultima operazione “transiti” comunque nel registro IVA degli acquisti della stabile organizzazione (seppure in un sezionale separato) non dovrebbe avere effetti su quanto sinora descritto.
Le medesime conclusioni valgono anche qualora l’acquisto abbia ad oggetto prestazioni di servizi “non generici”, territorialmente rilevanti in Italia ex art. 7-quater o 7-quinquiesdel DPR 633/72, indipendentemente dal luogo di stabilimento del committente (si pensi ai servizi relativi ad immobili esistenti in Italia).

Ancora, il meccanismo dello split payment si applica alle prestazioni di servizi “generici”, rese da un soggetto italiano nei confronti della stabile organizzazione in Italia di un soggetto estero ai sensi dell’art. 7-ter comma 1 lett. a) del DPR 633/72, qualora l’imposta sia dovuta (ossia non si tratti, ad esempio, di un servizio esente da IVA) ma non mediante il meccanismo del reverse charge.

Qualora, invece, le prestazioni di servizi “generici” fossero rese alla stabile organizzazione in Italia del soggetto estero, da parte di un prestatore Ue o extra-Ue, l’IVA eventualmente dovuta dovrebbe essere applicata con il meccanismo dell’inversione contabile ex art. 17 comma 2 del DPR 633/72 (il che esclude lo split payment).
In ultimo, se il servizio reso è destinato alla “casa madre” estera, la prestazione dovrà considerarsi priva del requisito di territorialità IVA in Italia e il fornitore, se residente o stabilito in Italia, dovrà limitarsi ad emettere la fattura con le indicazioni previste dall’art. 21 comma 6-bis sul DPR 633/72.